La riforma del catasto agita il governo e i contribuenti. Ma esattamente di cosa stiamo parlando? Cosa vuole fare il premier Draghi?
Negli ultimi mesi del 2021 il governo Draghi ha annunciato una riforma del catasto che ha agitato (e non poco) i contribuenti e parte della maggioranza di governo. Questo perché di norma la riforma del catasto porta, presto o tardi, alla revisione del sistema di tassazione. E il timore delle persone è quello di pagare di più, ovviamente.
Cos’è il catasto e a cosa serve
Saltando l’analisi della parola e il suo percorso storico nella lingua italiana, passiamo alle informazioni utili. Per catasto ad oggi si intende una sorta di inventario degli immobili, quindi di case e fabbricati, ad esempio. In questo inventario, che è dello Stato, ci sono informazioni sugli immobili registrati. Le informazioni riguardano la localizzazione dell’immobile, quindi dove si trova, la destinazione d’uso (prima casa, seconda casa, capannone, etc) e altre caratteristiche tecniche. Tutti i dati portano poi a definire il valore dell’immobile. E dal valore dell’immobile dipende ovviamente la tassazione sull’immobile stesso.
La riforma del catasto del governo Draghi
Avviata dal governo Draghi, la riforma del catasto è una di quelle riforme che nel corso degli anni tutti avevano l’intenzione di portare avanti ma nessuno alla fine ha mai fatto, almeno concretamente. Questo perché si tratta di una riforma politicamente difficile. Come detto, una riforma del catasto – necessaria – alla lunga porterebbe realisticamente ad una revisione del sistema tributario. Molte persone, alla luce della riforma, pagherebbero meno ma qualcuno si ritroverebbe a pagare di più.
Con la riforma del catasto, il governo Draghi vuole far emergere gli immobili fantasma, ossia quelli non accatastati. Si tratta di case, capannoni e altro che per lo Stato non esistono e che quindi non sono tassati.
Inoltre con la riforma del catasto il governo vuole adeguare il valore patrimoniale delle unità immobiliari ai valori di mercato. Questo perché ad oggi ci sono molte case che hanno un valore di mercato enorme ma un valore catastale bassissimo. Ma ci sono anche tanti casi al contrario, ossia molti immobili che hanno perso valore e che sul mercato valgono pochissimo ma che hanno alto valore catastale. Una delle modifiche dovrebbe consistere in un cambiamento dell’unità di misura: gli immobili dovrebbero essere valutati per i metri quadri e non per il numero di vani.
La riforma proposta dal premier Draghi ha una durata di cinque anni. Nel corso di questi cinque anni non ci saranno modifiche nel gettito tributario. Tradotto, per dirla come il Presidente del Consiglio, nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno. Al termine di questi cinque anni, sarà scelta del governo che ci sarà decidere se rivedere o meno il sistema tributario in base al nuovo quadro catastale emerso grazie alla riforma.
La nota del governo sulla riforma
Per capire cosa prevede la riforma possiamo affidarci al comunicato pubblicato sul sito del governo:
“È prevista l’introduzione di modifiche normative e operative dirette ad assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati. Si prevede, inoltre, l’avvio di una procedura che conduca a integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario.
Le nuove informazioni non saranno rese disponibili prima del 1° gennaio 2026 e intendono fornire una fotografia aggiornata della situazione catastale italiana. Gli estimi catastali, le rendite e i valori patrimoniali per la determinazione delle imposte rimangono quelli attuali. Le nuove informazioni raccolte non avranno pertanto alcuna valenza nella determinazione né delle imposte né dei redditi rilevanti per le prestazioni sociali”, si legge nel comunicato stampa.